Comune DI SAN PIETRO IN CARIANO
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Nome degli abitanti Sanpietrini
Un pò di storia:
Il comune di San Pietro Incariano, importante paese posto in felice posizione al centro del vasto comprensorio della Valpolicella, vanta antiche origini; il territorio ha visto la presenza dell’uomo fin dalla preistoria, come testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici compiuti in diverse località, da Negarine a Pedemonte e Castelrotto dove è venuto alla luce un villaggio dalla struttura complessa e articolata, con un nucleo centrale sul colle dove in seguito sorse il castello che ha dato nome alla frazione.
Già fiorente durante la Signoria Scaligera sotto la quale la Valpolicella fu brevemente amministrata come entità autonoma da Federico della Scala, conte di Valpolicella, scacciato da Cangrande quando tentò di impadronirsi del potere a Verona approfittando di una malattia del Signore, San Pietro Incariano fu la sede del Vicariato della Valpolicella che sotto la Serenissima riuniva in unità amministrativa tutta la zona, divisa secondo l’antica suddivisione ecclesiastica in tre plebati, corrispondenti ai piovadeghi di Negrar, San Giorgio e San Floriano.
Da vedere:
L’elemento più importante sia dal punto di vista storico che da quello artistico nel territorio comunale di San Pietro Incariano è l’antichissima pieve di San Floriano. La sua costruzione è datata attorno al XII secolo, ma sono presenti elementi di precedenti costruzioni della fine dell’VIII secolo. Qui fu redatto un diploma con il quale nel 905 il re Berengario faceva dono di alcune terre nella zona a un suo servitore, documento importante soprattutto per le informazioni topografiche sulla Valpolicella in esso contenute.
La facciata è divisa in tre parti corrispondenti alle tre navate mentre i due archi simmetrici che la prolungano furono aggiunti alla fine del XVI secolo. L’interno è suddiviso in tre navate, divise da colonne e pilastri alternati con arcate in conci di tufo ed è la parte che maggiormente risente dei ripetuti interventi. Tra le opere conservate nella pieve vi sono una tela del Brusasorzi, una Madonna lignea del quattrocento e resti di affreschi sia all’interno che all’esterno, sotto il chiostro, dove si trova una crocefissione trecentesca; notevole anche il fonte battesimale in un solo blocco di marmo rosso. All’esterno si trova la possente torre campanaria, precedente alla costruzione della pieve e, probabilmente, parte di un’antica fortificazione a difesa del territorio contro le incursioni barbare.
Il vanto maggiore del territorio del comune di San Pietro Incariano sono le numerosissime ville e residenze patrizie disseminate nella campagna e sui colli.
Attorno S.Pietro si trovano Villa Verità, antico edificio trasformato in stile neoclassico nel secolo scorso , l’ottocentesca Villa Borghetti-Falcieri, Villa galli-Righi, Villa Acquistapace Dettoni Castellani, costruzione attribuita al Palladio e alla sua scuola. Poi ancora la seicentesca Villa Costanza, Villa Galtarossa, a Bure Villa Buri-Forapan, cinquecentesco e Villa Monga Castellani. A Castelrotto troviamo Villa Bellini-Carnesali, cinque-seicentesca e Villa Sacchetti-Sagramoso, edificio quattrocentesco. Della fine del Quattrocento è poi Villa Fagiuoli a Cengia, in stile sammicheliano, a Corrubio si trova Villa Amistà, costruzione settecentesca disegnata da Ignazio Pellegrini.
A Pedemonte, infine, si trovano Villa Perez Bertani Montresor, della scuola del Sammicheli e Villa De Besi Maggiore. Villa Santa Sofia, a Pedemonte, fu eretta a metà del XVI secolo per la famiglia Serego su disegno del Palladio, il progetto non fu però completato e la villa rappresenta solamente una piccola parte del disegno originale che comprendeva un vastissimo complesso. Annessa vi è la chiesetta dedicata alla Santa.
Molte altre sono le residenze nobiliari che si trovano nel territorio di san Pietro Incariano, fulcro di quel manuale all’aperto di architettura che è la Valpolicella.
Andrea Palladio ne progettò il palazzo su commissione di Marcantonio Serego dopo il matrimonio di questi con Ginevra Alighieri (1549). Del primitivo progetto venne costruita solo la parte inerente il primo cortile (due quelli ideati), costituita da un corpo centrale con porticato e loggia e da due altri ad esso normali. L’edificio è a due piani caratterizzati entrambi da un unico ordine di colonne ioniche a bozze rustiche ineguali, sormontate da una trabeazione che corona tutta la fabbrica. Dietro le colonne vi sono i pilastri che sostengono il secondo piano, nel quale una loggia a balaustra fa riscontro al portico girando su tre lati, su due dei quali sono disposti i locali di abitazione. Il complesso edilizio è circondato da un ampio parco ricco di piante ornamentali.
La costruzione della villa sembra iniziata negli anni tra il 1561 e il 1564 e terminata attorno al 1590. Tuttavia prima della villa esisteva in loco un palazzo trecentesco di notevoli dimensioni (il palacium magnum) di proprietà degli Scaligeri, donato poi da Antonio Della Scala a Cortesia Serego. Da quel primo palazzo con struttura “a portico e loggia” derivò in seguito gran parte delle ville quattro-cinquecentesche costruite in Valpolicella.
Villa Costanza
Attualmente la villa porta il nome della fondatrice (Costanza Caldera di Bergamo) dell’istituto religioso che ne è proprietario dal 1953: le Pie Madri della Negrizia. I Saibante ne furono i padroni da fine ‘500 fino all’inizio del secolo scorso, lasciando la proprietà per estinzione del ramo. Subentrarono infatti in seguito i Monga. Le strutture oggi visibili sono databili ai primi decenni del ‘600. Il palazzo ha forma a ‘U’ rovesciata con due facciate. Quella principale ha un corpo principale e due ali perpendicolari ad essa; quella rivolta a nord guarda una fontana con gruppo marmoreo. Al pianoterra si trova un porticato che percorre i tre lati del palazzo. L’ala ovest, che incorporava già dei rustici, è stata in seguito innalzata, mentre nel tardo ‘700 era probabilmente adibita a scuderie.
Le finestre del piano nobile sono rettangolari, mentre il centro della facciata si sporge all’esterno con tre finestroni decorati nelle proprie vetrate da una religiosa dell’istituto. Il cortile è chiuso da un muretto in cui sono collocate sei statue mitologiche precedute da due leoni in tufo. Al suo interno un pozzo del 1623. All’interno del palazzo due vasti saloni: uno, con pavimento in cotto e soffitto a cassettoni, l’altro nel corpo centrale e affacciato al cortile ha il soffitto a stucchi decorati e pareti affrescate con paesaggi. Oggi è adibito a cappella. Nel primo salone, decorato ad affresco dal veronese Paolo Ligozzi (1629), alti piedistalli sostengono due telamoni recanti due capitelli ionici su cui poggiano le travi del soffitto. Dipinti di condottieri e rappresentazioni dei continenti sono inseriti rispettivamente in finte nicchie e nelle sovrapporte. Dell’antico giardino rimane poco: la fontana e una grotta artificiale. Il parco venne devastato dai tedeschi nel corso della seconda guerra mondiale. Vi si conservano ancora alcuni pezzi architettonici derivanti dalla raccolta di Andrea