Comune: | CAPRINO VERONESE |
Indirizzo: | PIAZZA ROMA,6 |
CAP: |
37013 |
Telefono: | 0456209911 |
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Nome degli abitanti: Caprinesi
Aspetti caratteristici del paesaggio di Caprino Veronese sono le Malghe
Tipico camino esterno
della malga montebaldina
Fin dall’epoca romana e medioevale il monte Baldo è stato interessato da una consistente pastorizia ovina e caprina con forme di transumanza lungo percorsi tradizionali che dalla valle di Caprino risalivano le pendici del Baldo nei due versanti. Migliaia di pecore e capre provenienti dalla pianura veronese e mantovana e anche dalla valle dell’Adige si aggiungevano in estate al consistente numero di ovini che stanziavano sulle pendici baldensi.
I pastori utilizzavano come rifugio nella zona più elevata ricoveri, costruiti con muri a secco ricoperti di paglia, frasche o rami di pino mugo, oppure cavità sottoroccia. Resti di questi antichi insediamenti sono ancora visibili e rintracciabili a Malmaor a quota 1884 nel circo glaciale del Telegrafo, a Valdritta a quota 1800, interessante ricovero sottoroccia con probabile funzione protettiva dai lupi.
Si trattava comunque di un allevamento intensivo che interessava negli ultimi tre secoli le aree al di sopra dei 1500 metri. L’allevamento bovino, invece, presente nell’area baldense ancora nel Medioevo, ebbe un notevole impulso a partire dal XVI secolo, grazie al miglioramento tecnico e qualitativo e quindi alla razionalizzazione dell’alpeggio operati dalla nobiltà locale veneziana. Il miglioramento prosegue poi nel Settecento e nell’Ottocento a scapito però di quello ovino e caprino sempre più marginalizzato in zone impervie ed elevate.
Nascono allora le tipiche malghe baldensi, dovute alla tradizionale maestria dei montanari e ad esigenze pratiche e funzionali, ma che inizialmente erano molto semplici, con un unico logo del late che trasforma ed adatta i precedenti baiti dei pastori di pecore situati fra i 1000 e i 1600 metri.
Sono edifici formati da un ovile a volto posto davanti o sormontato da più locali, costruiti con muri a secco e ricoperti di paglia e canne, che in seguito verranno trasformati in casare.
L’esigenza poi di consentire la residenza ai mandriani e di migliorare la lavorazione del latte e la conservazione del formaggio ha fatto sì che verso la fine del 1600 e nel corso del Settecento venissero ulteriormente modificate nella loro tipologia. Artefice del miglioramento è sempre la nobiltà veneziana interessata alla razionalizzazione dell’allevamento bovino.
Malga Colonei di Caprino
I baiti ora vengono costruiti con due o più locali mentre il camino assume l’aspetto di una torre. Il baito della malga, posto su un poggio in una zona ben areata e ventilata, è costruito con pietrame calcareo raccolto sul posto.
Presenta una forma rettangolare ed è diviso in due locali: logo del fogo e logo del late.
Il nome logo del fogo deriva da un grande camino a forma semicircolare che serve a contenere un grande paiolo di rame (la caldèra), che veniva appeso ad una mensola ruotante (la mussa), nel quale viene riscaldato il latte per ottenere il formaggio.
Il logo del late invece si trova sempre sul lato in pendio della malga e spesso termina in forma semicircolare per facilitare lo scorrimento dell’aria: possiede infatti piccole finestre sbarrate da paletti di legno o feritoie in pietra, in modo da consentire una migliore aerazione del locale che serviva come deposito del latte nelle mastèle (bacinelle di legno poco profonde) adatte per far affiorare la parte grassa (panna).
Nello stesso locale, ben ventilato, venivano posti ad asciugare i formaggi prima di venir sistemati nella casara e la ricotta. Inoltre con la zangola a mano veniva prodotto il burro.
Sotto i due loghi si trova spesso una piccola stanza con copertura a volta, che serve per ricoverare il bestiame appena nato o ammalato.
Nelle vicinanze della malga sorgevano inoltre altre costruzioni con funzioni accessorie: la casara dove venivano riposti e conservati i formaggi e il porcile, formato da tanti piccoli vani paralleli che ospitavano i maiali allevati in malga con la scota, cioè il siero che rimaneva dalla produzione della puina (ricotta).
Altri elementi tipici della malga sono il marès, uno spiazzo nei pressi del baito in cui sosta il bestiame per le due mungiture; i muretti di delimitazione e recinzione, in pietra a secco; un piccolo orto recintato per coltivare ortaggi che servivano a variare la dieta dei malghesi; la pozza, dove si raccoglie l’acqua piovana che serve per abbeverare il bestiame, ricavata in doline naturali il cui fondo veniva impermeabilizzato con argilla (terra crea) facendolo calpestare dalle mucche ed infine le riserve, cioè piccole aree quadrate o rettangolari di abeti, fittamente piantati e cintati con muretti a secco che servivano per il ricovero del bestiame durante la notte, in caso di temporali o nei giorni di gran caldo.
Dopo la seconda guerra mondiale, a causa della crisi agricola e del conseguente spopolamento della montagna, la malga è entrata in crisi come struttura economica, ma ancora oggi molte malghe vengono comunque utilizzate dai malghesi ed ospitano in media 30-40 capi di bestiame (le paghe) costituendo un paesaggio unico sul monte Baldo, grazie al loro armonico inserimento nel più ampio contesto della montagna.
I MOLINI
La vallata di Caprino è percorsa dal fosso Campion che trae origine dalla copiosa sorgente chiamata Bergola, che sgorga nella valle di Salve Regina, nei pressi della contrada di Pradonego.
In passato questo corso d’acqua rivestiva due importanti funzioni: l’irrigazione di una cospicua superficie agraria (ben 370 campi veronesi) e l’animazione, cioè energia per 23 opifici, in particolare molini a grano.
L’acqua del fosso, condotta in apposite canalette spesso pensili ricavate da blocchi monolitici di pietra, veniva fatta cadere sulle grandi ruote a pale, in origine di legno, le quali, girando, trasmettevano il moto, attraverso un complicato sistema di ingranaggi e perni, fino alla pietra da molin che, ruotando sulla corrispondente pietra sottostante oppure rotolando verticalmente rispetto ad un perno centrale, macinava il grano.
Parecchi di questi molini hanno funzionato perfettamente fino a pochi decenni fa. Ne esistono comunque ancora, così come sopravvivono alcuni tratti delle caratteristiche canalette in pietra per la conduzione dell’acqua.
Uno dei molini meglio conservati si trova in località Valsecca, poco sopra Caprino, sulla strada per Pazzon.
LE GIASSARE
Queste vere e proprie industrie produttrici di ghiaccio vengono fatte risalire agli inizi dell’Ottocento.
Erano pozzi interrati, profondi 8-10 metri, costituiti da muratura in sasso cilindrica, con copertura sopraelevata rispetto al terreno per consentire l’apertura di una bocca per l’introduzione ed il prelievo del ghiaccio.
La copertura era in legno e coppi con falda a uno o due spioventi oppure conica con manto di canel (canna palustre).
Questa struttura veniva ricavata vicino ad una pozza, collocata in un sito ombreggiato ed esposta preferibilmente a tramontana, destinata a fornire la materia prima: il ghiaccio. Nei mesi invernali, non appena si era formata la lastra superficiale di ghiaccio, essa veniva opportunamente tagliata o segata in elementi regolari di circa 1 metro di lato che venivano poi calati con appositi argani nel pozzo ed ivi accatastati, in strati sovrapposti, fino alla bocca.
Nei successivi mesi estivi, a partire da maggio, le lastre di ghiaccio venivano prelevate dal pozzo, tagliate in pezzi a forma di parallelepipedo ed inviate in città e nei centri turistici a chi aveva necessità di conservare cibi, carni e pesce.
Nella nostra zona esiste un esemplare ben conservato in località Ime ed uno, adattato ad uso abitativo, ad Omaner.
LE MERIDIANE
Nonostante l’invenzione dell’orologio meccanico, per molto tempo resistettero le meridiane,
dei quadranti variamente elaborati che permettevano di conoscere l’ora solare quando l’ombra di un’asta metallica si proiettava sulle ore disegnate sul quadrante.
Di queste testimonianze rimangono ancora alcune significative tracce sulle facciate di qualche casa e
sono interessanti non solo per il loro valore storico, ma anche perchè talvolta sono munite di pregevoli
ed elaborate decorazioni ed impreziosite da iscrizioni che generalmente ricordano l’implacabile fuggire
del tempo ed ammoniscono sulla brevità della vita.
Da vedere:
Palazzo Carlotti:
collocato nel cuore del capoluogo montebaldino, è dal 1952 sede dell’amministrazione comunale, dopo essere stato di proprietà dei Carlotti e nella seconda metà del Cinquecento dei Vimercati.
Villa Nogarola a Pesina
Villa Cariola-Bevilacqua a Preele di Pazzon
Villa Nichesola o dei quattro camini a Platano
Manifestazioni
08 Dicembre
Festa di Santa Lucia Tradizionale festa popolare a Palazzo Carlotti